Percorsi
Exilles
I nomi di luogo descrivono il paesaggio: un itinerario ideale tra i fitotoponimi di Exilles
Mappa interattiva
Inizio percorso
Fine percorso
Toponimi
Borgata
Percorsi
Descrizione percorso
I nomi di luogo di tradizione orale in genere nascono da un atto denominativo operato dai parlanti tendente a fissare nel nome proprio aspetti, percepiti e ritenuti salienti, del referente geografico; nei contesti montani, contraddistinti da un ambiente naturale ancora prevalentemente intatto o comunque soggetto a interventi di antropizzazione limitati e parziali, la denominazione dei luoghi scaturisce di frequente dalla percezione di dettagli paesaggistici relativi a natura e consistenza della vegetazione spontanea. Dato il loro originario carattere descrittivo, questi nomi di luogo, appartenenti al gruppo dei fitotoponimi, segnalano la presenza, tuttora perdurante in alcuni casi, remota in altri, di specifiche conformazioni vegetali o di particolari specie vegetative. I fitotoponimi possono quindi rappresentare una significativa chiave di accesso per lo studio del paesaggio naturale, in quanto non solo rivelano tracce della biodiversità di un dato luogo, ma indicano le modalità con cui le specie floristiche si distribuiscono sul territorio a seconda delle caratteristiche ambientali richieste, a loro volta condizionate dai vari livelli altimetrici del territorio montano.
Se esaminiamo i fitotoponimi che punteggiano i due declivi vallivi che circondano l’abitato di Isiya possiamo infatti riscontrare che fino ai 1300-1600, su entrambi i versanti orografici, essi si riferiscono in prevalenza a specie appartenenti al gruppo delle latifoglie, che include alberi a foglie larghe, tendenti a cadere nella stagione fredda. Sul versante orografico sinistro, esposto prevalentemente a sud-sud- est, a 950 m. troviamo un lungo e ampio costone denominato ël Bisé "Il betulleto", la cui rilevanza come indicatore geografico è comprovata dalla serie di toponimi di cui costituisce il riferimento spaziale: lă Viă dou Bisé "La mulattiera del Bisé", ël Béa dou Bisé "Il canale del Bisé", Clo dou Bisé "Pianoro del Bisé"; lă Baraccă dou Bisé "La baracca del Bisé". Il toponimo ou Fraise "Al frassineto", che designa un pendio prativo situato a 1370 m, segnala nel nome l’effettiva presenza di frassini, accanto a larici e noccioli. Pur non indicando una precisa specie vegetale, bensì i frutti di vari tipi di rovi, il toponimo lâ Mor'a "Le more” contribuisce a dettagliare la specificità della costa terrazzata così denominata, che risulta infatti invasa da cespugli e rovi di mora, rosa canina e biancospino; invece un’altra ripida costa terrazzata situata a 1470 m è chiamata lă Cotă dou Sirizìe "La costa dei ciliegi" poiché si riferisce ai ciliegi selvatici, che vegetano tuttora nell’area insieme ad alcuni noccioli. Assai rappresentate nella toponimia locale sono le roverelle, come mostrano le doppie denominazioni lâ Rour'éa e lâ Rour'éa "I rovereti", che designano aree in cui ancora crescono queste specie arboree, mentre lă Rour'éttă "Il rovereto (dim.)", che attualmente indica una coppia di baite costruite lungo lă Viă dou Bourné, pare aver perso il suo legame originario con l’essenza arborea. Ciò sembra essere accaduto anche nell’area denominata lâ Vèrna ‘Gli ontani’, dove ora vegetano frassini, betulle, noccioli e rovi, mentre nei luoghi chiamati ël Gran Verné "Il grande ontaneto" e lâ Malë Vèrna "I brutti ontani" la presenza di tali essenze arboree è tuttora riscontrabile. Il toponimo Clo 'd l'Ulme "Pianoro dell'olmo" che designa un pendio di prati terrazzati parzialmente rimboschiti da noccioli e larici potrebbe dipendere da una remota presenza di un olmo montano, specie che alligna da 800 fino a 1600 metri. Infine nel toponimo ou Bourné, nome di una piccola borgata composta da 20-25 baite e grange poste su un altipiano che domina come una balconata tutta la valle sottostante, è possibile individuare un riferimento a ambourn [dal lat. laburnum (da alburnum 'legno bianco’) e suffisso collettivo – etum], appellativo del maggiociondolo di montagna, specie arborea alpina amante del sole.
Se ci spostiamo più in quota, la fitotoponomastica registra la presenza di conifere, specie arboree in genere costruttrici di boschi, come suggeriscono il toponimo lă Biltounhottă "La zona dei larici contorti" per la forma assunta dalle piante a seguito del passaggio periodico di slavine e il nome ël Bo doû Véou "Il bosco dei vitelli" che infatti designa un bosco di larici; nella medesima fascia altimetrica si trova una ripida costa rocciosa chiamata l'Argousé "Il pino uncinato” che con ogni probabilità deve il suo nome alla costante presenza di qualche raro esemplare di questa specie, assai longeva (oltre 500 anni), che contraddistingue, seppure in modo sporadico e disseminato, tutte le valli alpine piemontesi.
Nella fascia altimetrica più elevata, laddove si estendono i pascoli alpini, il toponimo Gran Boursèi "Gran distesa di rododendri” segnala la presenza di questo arbusto sempreverde che in genere si presenta in fitti ed estesi popolamenti, particolarmente evidenti nel mese di giugno per la caratteristica fioritura di colore roseo-purpureo. Anche il piccolo pianoro chiamato Clot Shardoun "Pianoro (dei) cardi" con ogni probabilità deve il suo nome alla presenza di piante riconducibili al gruppo dei ‘cardi’, quali la carlina bianca o lo stoppione, la cui esistenza in loco può avere influito anche sulla denominazione Coumboushardă che parrebbe costituita dai termini coumbë, vallone, e shardë, cardo. Risulta infine degno di interesse il toponimo Clo Varèirë "Pianoro (del) veratro" che avverte della presenza di questa specie montana tipica e infestante dei pascoli grassi, ben nota ai pastori per la sua tossicità per uomini e animali.
Se ci trasferiamo sulla destra orografica, esposta prevalentemente a nord-nord-est e meno soleggiata, vi ritroveremo pressappoco la medesima distribuzione per fasce climatiche, benché la copertura boscosa di latifoglie raggiunga quote di poco inferiori (1200-1300 m) a quelle dell’altro versante, lasciando più anticipatamente il posto a boschi di conifere. Tra le specie latifoglie fissate nella toponimia troviamo il castagno, segnalato da ël Shatanhìe "Il castagno", il ciliegio selvatico nella denominazione Sirizìe d'Ours "Ciliegio d'orso", che però attualmente designa un bosco misto di abeti bianchi, pioppi e platani, e probabilmente il sorbo, se ipotizziamo che il secondo elemento (pommë) di Cot' dou Pommë "Costa del melo" sia un riferimento al frutto del sorbo, simile a quello del melo. Anche su questa sponda risulta ben rappresentata nella toponimia locale l’esistenza di ontaneti, segnalata da lou Verné dou Mian "Gli ontaneti del Mian", ël Vërné "L'ontaneto", ël Gran Vërné "Il grande ontaneto" e, in riferimento al suo caratteristico aspetto cespuglioso, lă Biséă "Il cespuglieto”, mentre si registra un unico cenno all'allignamento di roverelle, suggerito da Rour'ét "Rovereto”.
Notevole è anche la presenza di nomi che si riferiscono ad agglomerati boschivi, spesso senza specificare la qualità delle essenze coinvolte: così Bo Sèc "Bosco secco" deve con ogni probabilità il suo nome ad una copertura boschiva sfoltita dalle frane che colpiscono quest’area; al contrario, in Bo Nie "Bosco nero" il riferimento potrebbe essere ad un sottobosco particolarmente fitto e intricato; risulta invece trasparente Bo Brulè "Bosco bruciato" il cui nome reca traccia dei frequenti incendi appiccati nei secoli scorsi dei pastori per ottenere nuove aree pascolive; solo ël Bo 'd Pin "Il bosco di pino" contiene un richiamo esplicito ad una specie arborea. A specifiche conformazioni boschive composte da abeti bianchi, che infatti prediligono i versanti esposti a nord, rimandano lă Sapéă “L’abetina” e i toponimi speculari Sapé d'Amoù "Abetina a monte" e Sapé d'Avà "Abetina a valle" che designano due antiche stazioni d’alpeggio intermedie collocate nella medesima area, ma a quote diverse; questi nomi concorrono alla costruzione di una densa rete toponimica che segnala altri elementi significativi dell’area, come vie di comunicazione (cfr. lă Viă dou Sapé "La mulattiera del Sapé", ël Shimin dou Sapé "La strada (del Shatè) dou Sapé"), una fortezza militare (ël Shatè dou Sapé "Il castello del Sapé" chiamato anche ël Fort dal Sapé), un torrente (ël Riou dou Sapé "Il rio del (Shatè dou) Sapé", e un lungo pendio prativo forse in passato soggetto a frequenti incendi (lă Bruzà dou Sapé "La bruciata del Sapé"). La singola essenza arborea è invece all’origine del nome ël Săp "L'abete bianco", che ricorre anche nei toponimi correlati lă Fountană dou Săp e lă Ti-ër dou Săp "La pista del Săp". Si deve infine all’allignamento di un imponente esemplare di larice, di cui è ancora visibile la ceppaia, il toponimo ël Gro Bletoun che designa una zona di ripidi terreni privati.
Benché, come si può rilevare dai toponimi esaminati finora, la toponimia dialettale restituisca in prevalenza denominazioni che si riferiscono ad elementi vegetali più facilmente percepibili per la loro persistenza nel tempo e per le loro dimensioni, sia come singoli esemplari sia sotto forma di conformazioni vegetali, non mancano sporadici richiami ad altre specie non dotate di queste caratteristiche, ma la cui presenza in un dato luogo può essere ritenuta importante da segnalare. Si tratta di fitonimi che, in qualità di specificatori del primo elemento del toponimo, avvertono dell’esistenza di erbe nocive, come il veratro, di cui si ha un’attestazione toponimica anche sul versante orografico destro in Clo Varèirë "Pianoro (del) veratro", benché, in questo caso, la radura così denominata al momento non presenti tracce di questa pianta; oppure può trattarsi di piante di uso officinale o culinario come la genziana, raccolta per la preparazione di decotti antipiretici o di amari e liquori, presente in Clo 'd lă Zhansiană che designa un pianoro adibito a pascolo alpino a valle del quale vegetano ampie formazioni di questa specie. Infine le denominazioni lă Roshă 'd lâ Moutta "La roccia dei ciuffi d'erba” e lă Roshă 'd l'Airă "La roccia dell'edera" segnalano la presenza di elementi vegetali in ambienti rocciosi che in genere risultano brulli.
Bibliografia
- ATLANTE TOPONOMASTICO DEL PIEMONTE MONTANO, Exilles, Torino, Il leone verde, 2006.
- L. Bernard, Exilles tra storia mito e leggenda, supplemento a "Il Bannie", n. 2, 1983.
- P. Corino - P. Gastaldo, La montagna fortificata: per i monti della Valle di Susa: dai forti della triplice sino alle opere in caverna del vallo alpino, Borgone di Susa, Tipolito Melli, 1993.
- E. Patria, Strade e ponti di Exilles, attraverso i secoli, in "Il Bannie", n. 1 (1969), pp. 10-12.
- E. Patria, Strade e ponti di Exilles, attraverso i secoli, in "Il Bannie", n. 2 (1969), pp. 12-15.
- E. Patria, Strade e ponti di Exilles, attraverso i secoli, in "Il Bannie", n. 3 (1969), pp. 15-17.
- E. Patria, Il forte di Exilles, Borgone di Susa, Tipolito Melli, 1975.