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Carcoforo
I nomi dell'erba
Un'escursione toponomastica tra fienili, prati, pascoli
Mappa interattiva
Inizio percorso
Fine percorso
Toponimi
Borgata
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Istruzioni percorso
- Difficoltà: E [Escursionisti]
- Località di partenza: al Gabbio Grand (1290 m, Carcoforo, VC)
- Quota di partenza: 1290 m
- Quota massima: 1799 m
- Dislivello salita totale: + 530 m
- Lunghezza percorso: 10 Km
- Tempi percorrenza: 5 h
- Periodo consigliato: maggio-novembre
- Strutture di ristorazione e/o di pernottamento: area attrezzata in località Giare, Alpenrose (ristorante, albergo e punto GTA), La Frangalla (bar e ristorante), La Frangalla (bar e ristorante), La casa del folletto (bed&breakfast); Al Bruch (agriturismo, 1500 m); Rifugio CAI Boffalora (1667 m); Rifugio del Massero del Parco Naturale Alta Valsesia (2082 m)
- Aziende agricole: punti di vendita della propria produzione casearia a Carcoforo, Azienda agricola Alessia Caresana (alpe Pianello); Azienda agricola La Ghiviola di Agnese Ragozzi (alpe Passone)
- Cartografia supplementare: foglio 30 IV N.O. (Macugnaga), 30 IV N.E. (Bannio), 30 IV S.O. (Rima S. Giuseppe), 30 IV S.E. (Fobello) della Carta d'Italia alla scala 1:25000 dell'Istituto Geografico Militare (IGM); Carta Kompass (foglio 88, Monte Rosa) e ICG (foglio 10, Monte Rosa Alagna e Macugnaga), alla scala 1:50000; Carta Tecnica Regionale (n. 72050, scala 1:10000); carta allegata alla Guida degli itinerari escursionistici della Valsesia - CAI Varallo, 1992, in scala 1: 25000; carta escursionistica allegata alla Guida del Parco - 1999, in scala 1: 25000; carta digitale realizzata dalla sezione CAI di Varallo in collaborazione con Geo4Map, scala 1: 25000 - tracce in formato GPS e KMZ (http:// www.caivarallo.it).
Allegati
Descrizione percorso
L'itinerario si snoda attraverso i prati di fondovalle, i fienili, i maggenghi e i pascoli dell'alta valle e i nomi di luogo rimandano alla vocazione agro-pastorale della comunità di Carcoforo.
I prati di fondovalle
Il percorso ha inizio dal parcheggio della frazione al Tach Minòch e attraversa l’area attrezzata in località al Giare, a valle dell’abitato di Carcófo, dove al Punt dal Gabbio permette di superare il torrente Egua, in corrispondenza di al Gabbio Grant. In questa località è documentata la presenza di una cappella cinquecentesca, che venne sostituita nel Settecento da un oratorio, la Madónna dal Gabbio Grant, dedicato alla Madonna della neve (1269 m). L’edificio è da secoli meta di una tradizionale e partecipata processione: la statua della Madonna viene trasportata a spalle dagli uomini di Carcoforo in abiti da pastori (compito che un tempo spettava ai pastori della Val d'Egua), verso le chiesa parrocchiale, preceduti dalle donne in costume tradizionale, decorato con il puncetto (un pizzo ad ago tipico dell'alta Val Sesia). La tradizione rimarca, oltre all’ovvio legame dei Carcoforini con la parrocchiale (Santa Crósc), anche l’antica associazione dell’oratorio al consorzio pastorale esterno, confermato da attestazioni documentarie. Nel Libro dei conti dell’oratorio, infatti, soprattutto negli anni immediatamente seguenti la nuova erezione settecentesca, sono spesso citati ricavi per la vendita di prodotti dell’attività pastorizia offerti in occasione della festa dedicata alla Madonna della neve o al termine del periodo di inalpamento: lana, libbre 3 mascarpa, un agnellotto messo all’incanto, un castrato, un agnello. L'offerta dell’agnello si interruppe nel 1925, quando Giacomo Festa Rovera, pastore d’Egua, portò per l’ultima volta l’omaggio in occasione del restauro della facciata. La tradizione vuole inoltre che il formaggio prodotto il giorno della festa fosse conservato per un anno in una cantina, il canvél, alle casere di in Èva e portato all’incanto l’anno successivo.
Si lasciano i prati a valle dell’oratorio, caratterizzati in tarda primavera da una notevole fioritura di soldanelle, botton d'oro e crochi (Pra al Gabbio) e i boschi a monte (i Fòi) e si prosegue in direzione del paese lungo la Straa Véǵǵa, che in questo tratto prende il nome di Straa dal Gabbio, raggiungendo la Préiza 'd la Felìcita, un prato con un piccolo edificio rurale caratterizzato dalla presenza di una stalla al piano inferiore e di un fienile sovrastante. La mulattiera prosegue costeggiando un altro appezzamento prativo piuttosto pianeggiante, che prende il nome di al Bòda, uno dei pochi toponimi walser conservati nel repertorio locale. Da qui, sulla riva opposta del torrente, si può osservare la frazione al Tach Minòch. A valle di la Còsta Comüna, superato al Punt ad Sasc la mulattiera termina in corrispondenza di un'area destinata a strutture ricreative e sportive, da dove, oltrepassato il torrente Trasinera, si entra nell'abitato di Carcófo (1304 m; circa 20 m dal punto di partenza).
I fienili
L’ingresso del paese è sormonato da l'Arch 'd la Buna Acugliénsa, costruito nel 1743 e restaurato nel 1929. Nella parte inferiore dell’abitato (an Fund la Villa) si può osservare la Tórba an Fund la Villa, un tipico esempio di edificio rurale, con ampi loggiati disposti su tre fronti e caratterizzato dalla presenza di un’intercapedine tra il piano inferiore, in pietra, ospitante la stalla, e il piano superiore, in legno, adibito all’essicazione e allo stoccaggio del fieno. Nella 'torba' vengono tuttora ricoverate le mucche, poi trasferite nei mesi estivi negli alpeggi di alta montagna. Di fronte alla 'torba' sono presenti la Madónna dal Grasie e l’antica casa parrocchiale con il famoso orto curato nel Settecento dal parroco Allegra e celebrato nelle cronache dei viaggiatori inglesi dell’Ottocento (l'Ört dal Préve), da tempo abbandonato.
Risalendo la via centrale si supera, a destra, Santa Crósc, la chiesa parrocchiale, e si giunge a una piazza su cui un tempo si affacciava uno degli alberghi più rinomati e frequentati nell'Ottocento, il «Monte Moro», ospitato nella Ca 'd Piassa. In questa parte centrale dell'abitato (an Més la Villa) un’altra costruzione rurale in legno (la Tórba ad Piassa o Tórba an Més la Villa) contrasta con il resto degli edifici, civili e religiosi, intonacati. Altre 'torbe' presenti nella parte superiore dell’abitato (an Ciüma la Villa) sono state distrutte dall’incendio che colpì il paese il 28 dicembre 1863, poi sostituite da costruzioni completamente in pietra, a eccezione di due edifici risparmiati dal fuoco, che furono coperti da un rivestimento litico, al cui interno è ancora osservabile l'originaria struttura in legno. Il frontone di uno di essi è caratterizzato dalla presenza di una tavola verticale, una “spina”, che unisce i tronchi passando per una cavità praticata al centro di essi: sarebbe un particolare costruttivo databile al tardo Medioevo.
Usciti dalla parte a monte dell’abitato, dove si possono ancora riconoscere i muretti dei terrazzamenti dei campi, alcuni dei quali tuttora coltivati a patate, si segue la mulattiera che sale nel vallone d’Egua, lungo un tracciato che costituisce la variante walser della GTA (Grande Traversata delle Alpi), detta anche [Sentiero dei Walser]; il percorso è contrassegnato dal segnavia CAI 122.
I prati a monte dell’abitato
La mulattiera sale a tornanti sul versante alle spalle dell’abitato, a fianco dello strulét, un piccolo impluvio oltre il quale sono presenti i terrezzamenti, un tempo curati, ora lasciati perlopiù a prato (al Camp al Strulét). Poco sopra a monte, oltrepassato l’impluvio si susseguono i ripiani di in Aulina, con piccoli appezzamenti, in passato tenuti a orto e a campi di patate. Il toponimo potrebbe derivare dal nome di un'erba che vi cresce, l'aulinna, una varietà di festuca ancora presente, insieme al ranuncolo, il fiò dal buro, il fiore del burro, così chiamato per il colore giallo brillante dei suoi petali. La mulattiera raggiunge al Frasciu dal Vòte, maestoso esemplare di frassino secolare, inserito tra gli alberi monumentali del Piemonte e, pochi tornanti più a monte al Gezgét dal Tórbe. La piazzola davanti alla cappella costituisce un ottimo punto di osservazione sul paese e sugli appezzamenti che si susseguono secondo fasce concentriche attorno al villaggio. A monte dell'edicola votiva sono presenti altri prati (Pra dal Tórbe) e, sino ad alcuni decenni fa, i sedimi di un gruppo di costruzioni (al Tórbe) le cui pietre vennero utilizzate nel primo Novecento per la costruzione del muraglione a monte: si tratta probabilmente della località citata nel Cinquecento come superius torbas o come ad torbas superius tecta Carcoffori.
Superato un ultimo tornante la mulattiera si addentra nel vallone d’Egua, che da qui si presenta in quasi tutta la sua estensione, poi prosegue in leggera salita in un’area prativa chiamata ant al Gras, da cui si ottiene un fieno di ottima qualità, nonostante non sia più concimata come un tempo: si estende a monte fino al limitare di una selva di larici, i Runcai. In questo tratto il percorso offre splendidi scorci panoramici sul vallone d’Egua e costituisce anche un ottimo punto per osservare gli altri valloni del comune, le diverse stazioni di alpeggio ubicate più a monte e il crinale che delimita il territorio di Carcoforo dalle valli di Rima e di Macugnaga. Verso oriente si distinguono il Lampun (Cima Lampone, 2586 m), il Còl dal Térmo, il Töie (Ciuma dal Tiglio, 2545 m) e la Trazinéra (Cima Trasinera, 2617 m) con i sottostanti alpi. Il centro della conca è dominato dal Mónt Véǵǵo (Montevecchio, 2789 m), alla cui destra si apre la Butiǵa (Colle della Bottigia, 2611 m), la principale via di comunicazione con la valle Anzasca; sul versante sottostante sono presenti le alpi Cazéra Nóva, Furnét e Massero, che attualmente ospita un rifugio del Parco Naturale Alta Valsesia. Il versante meridionale del Corno di Giovanchera (2254 m) nasconde gli alpeggi del Béil, della Buzacca dal Béil, di Giovanchéra Bélla e Giovanchéra Brütta, e i maggenghi ('s la Sélva) presenti nel vallone più occidentale. In basso il torrente Egua scorre in una forra, la Güla, e nel suo letto si aprono alcune pozze assai profonde, di acqua cristallina (la Lama Vérda e la Lama 'd la Lüce).
I maggenghi sul lato idrografico destro del vallone d’Egua
Proseguendo, la mulattiera percorre la fascia delle cosiddette pasquate, insediamenti temporanei, anche noti come maggenghi, in cui si praticavano la fienagione e il pascolo nel periodo antecedente l’inalpamento; tra questi, ancora frequentato è al Brüch (1453 m), sede di un agriturismo gestito stagionalmente da una famiglia di Carcoforo; da qui si raggiunge al Pra dal Térmo, un prato molto ripido, che a valle si estende sino al torrente Egua. La voce tèrmo ha il significato di confine, o più specificamente di segno di confine tra appezzamenti diversi. Lasciato a sinistra il sentiero a segnavia CAI 121 che sale alle alpi Pianello e Passone, si giunge al Cröös dal Pasun, che forma, a monte del sentiero, una bella cascata, la Piscia.
Superato il torrente si prosegue attraverso pascoli solcati da rigagnoli che talora si allargano a invadere il pendio. Nel prato sottostante il sentiero sono presenti le costruzioni di i Ǵacc (1523 m), voce che ricorre molto frequentemente nei contratti di locazione o di vendita di alpeggi sin dall’epoca tardomedievale, dove compare a fianco di cazéra e cazoni. A fianco delle due edifici si distinguono un acero, che regalava ombra alle costruzioni, e un frassino che forniva foraggio per le bestie. Poco a monte il sentiero raggiunge Cazéra Bianca (1558 m), ricostruita con l’uso di calce nel 1911, e, poco dopo, un altro edificio isolato, al Cazarö'ö (circa 2 ore dal punto di partenza). Su un masso ubicato lungo la mulattiera immediatamente sotto l'edificio è inciso un inconsueto segno di confine, costituito dalle lettere «A» e «M» incrociate (Ave Maria). In questa zona abbondano il burcui (farinello o spinacio selvatico), la lavassa, un'erba che attecchisce, insieme alle ortiche, davanti alle stalle, e l'iperico, detto anche èrba dal bruzà.
Gli alpeggi
In corrispondenza di Cazéra Bianca inizia il vasto comprensorio dell'alpe Egua. Il sentiero a segnavia 122 supera il rio Ciletto e raggiunge al Piual (1637 m), un alpeggio costituito da una mezza dozzina di costruzioni distribuite ai lati della mulattiera. Esso costituiva, e costituisce tuttora, la stazione inferiore del comprensorio Piovale-Egua e ogni titolare di diritti di erbatico vi possedeva una casera. Alcune centinaia di metri sopra l’alpe è presente [il Rifugio Cai Boffalora] (1685 m). L’edificio, costruito dal comune di Campertogno, proprietario dell’alpe negli anni Cinquanta del Novecento, non fu mai utilizzato dai pastori, che preferirono continuare a utilizzare le vecchie casere di al Piual. Nel 1981 la sezione CAI di Boffalora stipulò un contratto decennale con il comune di Campertogno e trasformò l’edificio in un rifugio alpino che offre servizio di ristorazione e di pernottamento nella stagione estiva.
Oltrepassato il Piual, il sentiero percorre un falsopiano, poi si porta in quota ed entra nell’ampia conca dell’alpe Egua (al Piane d'Èva) (circa 3 ore dal punto di partenza). La tradizione vuole che qui, in un ripiano detto Pian 'd la Madónna, sotto la prima neve autunnale, sia stata trovata dai pastori d’Egua una statua della Madonna. Lasciato l’alpeggio i pastori scesero a valle con tutti i loro animali, portando con sè anche la statua; superato l'abitato di Carcoforo si fermarono al Gabbio Grand, ma quando decisero di ripartire non riuscirono ad alzare il sacco contenente la statua, che fu lasciata per tutto l’inverno nella chiesa parrocchiale di Santa Croce. L’anno seguente decisero però di costruire, con il concorso dei Carcoforini, una cappella nel luogo dove la statua si era fatta improvvisamente pesante. Il punto più elevato raggiunto dall’itinerario congiunge simbolicamente i due luoghi della leggenda: il punto in cui gli alpigiani trovarono la statua della Madonna e l’oratorio in cui per secoli l’hanno portata in processione.
Alla sommità del prato, sulla soglia di una conca erbosa si trovano le casere di in Èva (1799 m). La piana davanti agli edifici costituisce un ottimo punto di osservazione sui valloni laterali e sulle alpi del versante settentrionale del vallone percorso. Qui in primavera è possibile vedere il prato punteggiato di tarassaco, o sicòria di prai, botton d’oro e di morsélle, gli astri di monte. A monte è presente lo Slét (Alpe Selletti, 1915 m), mentre di fronte si possono distinguere le casere di Pian dal Rüze (2025 m), toponimo che richiama la presenza di frane di terra nella copertura morenica del versante. A sinistra sono presenti altre due stazioni di alpeggio: Giasét (2128 m) e Pisse Bèlle (2093 m), non visibili da questo punto; verso il basso si possono invece osservare i pascoli del Cilét e, ancora più a valle, quelli del Pianél. Volgendo lo sguardo a monte si distinguono, da nord a sud, al Cimun d'Èva, al Còl d'Èva, i Striénch e al Piuatte d'Èva. A valle delle Piuatte d'Èva e della Ciüma di Pianòin si distingue al Gulun d'Èva, canale di scorrimento di una valanga che spesso raggiunge il torrente. Alla base, dietro alle casere dell’alpe, si trovano al Funtanun d'Èva e al Pra Brénch, caratterizzato dalla presenza dell'erba mutellina.
Maggenghi e prati sul lato idrografico sinistro del vallone d’Egua
Il percorso prevede il ritorno al Piuval e la discesa in paese lungo il versante idrografico destro del vallone d’Egua. A valle del Piuval si attraversa il torrente: l’attraversamento può essere difficile in condizioni di portata elevata del corso d’acqua (dopo piogge abbondanti o in primavera nel periodo di scioglimento della neve). Superato il corso d'acqua, si segue un sentiero ben tracciato che risale al Pian di Suldai, luogo in cui ad inizio Novecento si accampavano i militari in addestramento. Oltre il ripiano si supera un modesto impluvio, uscendo dal comprensorio di in Èva. Questo versante della valle è assai meno soleggiato di quello percorso in salita; la vegetazione è costituita da arbusteti con prevalenza di rododendri e boschi di abeti rossi a cui si intercalano le tracce di pascoli e prati con edifici rurali. Qui sono presenti i maggenghi al Piane 'd la Milòra e al Piane 'd Piassa, talvolta indicati con il nome più generico di Piane.
Terminato questo tratto in cui il sentiero si sviluppa a mezza costa con andamento pianeggiante, si giunge ad una cappella relativamente recente (al Gezgét an Ciüma al Pra), si esce dal bosco e si entra nella fascia inferiore del territorio, nuovamente destinata a prato e campo su un versante abbastanza ripido. Come sul versante percorso in salita, la località superiore di questa fascia prende il nome di an Ciüma al Pra, ove è presente un altro maggengo. In discesa, lungo la Stréćća si raggiunge an Ciüma Rivét dove erano presenti, sino agli anni Cinquanta del Novecento, altri edifici rurali in legno. Continuando a scendere si raggiunge Ca dal Punt e le case di al Tragn (toponimo ampiamente diffuso in tutto il territorio valsesiano che richiama la voce latina medievale terraneum con significato di edificio rurale destinato a fienile). Tra le case della località si distingue l'Uficina, la centrale idroelettrica costruita nel 1928, alimentata da un canale che capta l’acqua del torrente.
Superata la strada provinciale si ritorna a al Tach Minòch, che ospitava numerosi edifici rurali in legno; il più grande, noto come Ca dal Sarzhin, negli anni Sessanta è stato sostituito da una costruzione recente. Il percorso termina in corrispondenza del Museo del Parco Naturale Alta Valsesia (circa 5 ore dal punto di partenza).
testo a cura del Gruppo di Ricerca Toponomastica - Carcoforo
Bibliografia
- Fantoni R. (2000), La Madonna della Neve di Carcoforo. Committenze, devozione popolare e tradizioni orali del Sei-Settecento in Valsesia, ‘de valle Sicida’, a. XI, n. 1, pp. 237-284.
- Fantoni B., Fantoni R. (1995) - La colonizzazione tardomedioevale delle Valli Sermenza ed Egua (alta Valsesia), ‘de valle Sicida’, a. VI, n. 1, pp. 19-104.
- Fantoni R., Ragozzi J. e Sesone M. con la collaborazione della sezione CAI di Boffalora (2007), Guida ad un’escursione da Carcoforo agli alpeggi della val d’Egua, in Fantoni R. & Ragozzi J. (a cura di), La gestione delle risorse nelle comunità di frontiera ecologica. Allevamento e cerealicoltura nella montagna valsesiana dal Medio Evo al nuovo millennio. Atti del convegno di Carcoforo, 11 e 12 agosto 2007, Gruppo Walser Carcoforo, pp. 63-78.
- Fantoni R., Ragozzi J. e Sesone M. (2011), Guida ad un’escursione in val d’Egua. Le trasformazioni di un alpeggio medievale, in Fantoni R. et al. (a cura di), La cucina delle Alpi tra tradizione e rivoluzione. Atti della XXI edizione degli Incontri tra/montani, Incontri tra/montani, Gruppo walser Carcoforo, pp. 249-259.
- Rizzi E. (1994), I walser a Carcoforo. In Carcoforo, Fondazione Enrico Monti, Anzola d’Ossola, Fondazione Enrico Monti, pp. 14-47.